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Nuova fondazione umanitaria avvia aiuti a Gaza, legami controversi e risorse misteriose

La Gaza Humanitarian Foundation, avviata il 26 maggio, mira a fornire aiuti nella Striscia di Gaza, suscitando interrogativi su finanziamenti e trasparenza in un contesto complesso e controverso.

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Nuova fondazione umanitaria avvia aiuti a Gaza, legami controversi e risorse misteriose - Movitaliasovrana.it

La Gaza Humanitarian Foundation ha ufficialmente avviato le sue operazioni nella Striscia di Gaza il 26 maggio, portando con sé un carico di domande e polemiche. Fondata tra Svizzera e Delaware, questa nuova iniziativa umanitaria è legata a figure dell’alta finanza statunitense e alla sicurezza militare, suscitando interesse e preoccupazioni in egual misura. Mentre i pacchi di aiuti iniziano a muoversi verso la popolazione locale, è fondamentale esplorare le origini e la struttura di questa fondazione, così come gli obiettivi che si prefigge di raggiungere.

Le radici controverse della Gaza Humanitarian Foundation

Il progetto della Ghf è stato concepito ben prima dell’esplosione del conflitto. La sua costituzione avvenuta a novembre, in coincidenza con la vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali, ha accumulato un alone di mistero. Solo pochi mesi dopo, il 19 gennaio, l’idea di trasformare la Striscia di Gaza in un centro di sviluppo economico, o “Riviera del Medio Oriente“, è emersa dal governo statunitense, accompagnata da un rinnovato bombardamento da parte di Israele a marzo. L’assegnazione di fondi e risorse da parte della Ghf è apparsa sempre più necessaria, soprattutto alla luce della drammatica situazione alimentare che ha colpito la popolazione palestinese.

Secondo registri ufficiali, la Ghf è stata registrata in Svizzera a febbraio, beneficiando della nota segretezza bancaria del paese. La situazione ha attirato l’attenzione delle autorità locali, che stanno considerando un’indagine approfondita sulle attività della fondazione. Anche se una entità simile è stata registrata nello Stato del Delaware, le eventuali connessioni tra le due organizzazioni sono ancora in fase di chiarimento. Questo secondo registro è sotto la responsabilità di James H. Cundiff, un avvocato con esperienza nel settore fiduciario, il quale ha legami con un’altra società americana che si occupava di sicurezza a Gaza.

Fonti di finanziamento e governance della fondazione

Per quanto riguarda i finanziamenti, la Ghf proclama di aver ricevuto impegni per oltre 100 milioni di dollari da uno o più stati membri dell’Unione Europea, senza però rivelarne l’identità. Questa mancanza di trasparenza ha suscitato furiose speculazioni su quanto e come vengano monitorati i fondi. Secondo la fondazione, le operazioni bancarie sono garantite da istituti come Truist e J.P. Morgan, noti per la loro affidabilità, ma nulla di concreto è stato soddisfatto a riguardo.

Il consiglio di amministrazione della Ghf comprende figure rilevanti come Nate Mook, ex CEO di World Central Kitchen, e Raisa Sheynberg, vice capo affari governativi di Mastercard. La presenza di esperti con background nel settore della sicurezza e dell’aiuto umanitario non è una semplice coincidenza: testimonia un approccio teso a garantire non solo la fornitura di aiuti, ma anche la sicurezza delle operazioni in un contesto così complesso e pericoloso.

Un’altra figura di spicco è Loik Henderson, noto avvocato d’affari, che si unisce a un team già caratterizzato dalla significativa esperienza di ex militari e da esperti di crisi umanitarie. A questo proposito, il comitato consultivo include nomi illustri come David Beasley, ex capo del World Food Programme, e Bill Miller, ex Marine e responsabile delle operazioni regionali dell’ONU. Questa assemblaggio di competenze varie potrebbe rivelare i motori necessari per far decollare questo ambizioso progetto umanitario, ma non senza una certa dose di scetticismo.

Obiettivi e modalità operative della Gaza Humanitarian Foundation

La Ghf ha dichiarato di intendere allestire quattro centri di distribuzione nella Striscia di Gaza, progettati per servire una popolazione variabile tra i 300.000 e 1,2 milioni di persone. In una fase successiva, la fondazione mira a estendere questa capacità fino a 2 milioni di abitanti, chiarendo la scala delle ambizioni. Il piano include la distribuzione di razioni alimentari preconfezionate, kit di igiene e forniture mediche, tutte organizzate attraverso corridoi di distribuzione monitorati in tempo reale, per minimizzare il rischio di deviazioni.

La Ghf sostiene di mantenere il costo dei pasti a 1,3 dollari, inclusa l’intera logistica e sicurezza. Tuttavia, le modalità con cui il personale e i processi di sicurezza sono gestiti rimangono avvolti nel mistero. L’organizzazione si è dotata di subappaltatori esperti nell’ambito logistico, i quali utilizzeranno veicoli blindati per garantire che le forniture raggiungano i destinatari senza incidenti. Nonostante ciò, i dubbi sulla trasparenza dell’operazione permangono, con osservatori che evidenziano l’assenza di informazioni concrete sulla reale sicurezza delle operazioni e l’effettivo impatto degli aiuti forniti.

In un clima caratterizzato da incertezze politiche e sfide logistiche, è evidente che la Ghf si trovi alle prese con compiti complessi e circondati da interrogativi etici e operativi. Con il mondo che osserva da vicino, resta da vedere come questa fondazione possa davvero fare la differenza nella vita dei residenti della Striscia di Gaza.