La cruda verità degli ospedali a Gaza: la testimonianza di un chirurgo traumatologico
La crisi sanitaria a Gaza è drammatica: ospedali privi di risorse fondamentali, medici in difficoltà e pazienti, soprattutto bambini e donne incinte, affrontano traumi fisici ed emotivi devastanti.

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La situazione a Gaza continua a essere critica, con ospedali che faticano a garantire assistenza adeguata a causa di mancanza di risorse fondamentali. Feroze Sidhwa, chirurgo traumatologico statunitense, ha condiviso la sua drammatica esperienza durante un intervento all’Onu. Il suo racconto offre uno spaccato impietoso delle difficoltà quotidiane che medici e pazienti devono affrontare in un contesto di guerra e devastazione.
Le condizioni delle strutture sanitarie
Durante la sua missione a Gaza, Sidhwa ha operato in ambienti privi di quelle condizioni minime di igiene e sicurezza che dovrebbero caratterizzare ogni ospedale. Senza accesso a sterilità, elettricità e anestesia, gli interventi venivano effettuati in contesti affollati e sporchi. “I bambini morivano non perché le loro ferite fossero incurabili, ma per la mancanza di antibiotici”, ha sottolineato, evidenziando come beni basilari, disponibili in qualunque altro ospedale del mondo, fossero inaccessibili in questa regione.
La scarsità di risorse mediche ha portato a un sistema sanitario in crisi, dove la sofferenza umana è amplificata da fattori esterni. Sidhwa ha descritto uno scenario in cui, a dispetto della professionalità e della formazione dei medici, non si possono garantire neppure le cure più elementari, lasciando i pazienti vulnerabili in una situazione disperata.
La sofferenza dei pazienti
I racconti del chirurgo si concentrano soprattutto sui bambini, le vittime più indifese di questo conflitto. “I miei pazienti erano per lo più ragazzi di sei anni con schegge nel cuore e proiettili nel cervello”, ha spiegato. I traumi che questi piccoli subiscono a causa della guerra non sono solo fisici, ma lasciano segni indelebili anche nella loro psiche. I traumi perpetrati da esplosivi e schegge di metallo rappresentano un dramma che va ben oltre la capacità di recupero.
La situazione è ancor più tragica per le donne incinte, alcune delle quali hanno subito lesioni tali da compromettere gravemente la vita sia loro che dei nascituri. “Le donne venivano ricoverate con il bacino distrutto e i feti sezionati mentre erano ancora nell’utero”, ha lamentato Sidhwa, rivelando l’orrenda realtà delle complicazioni di salute in guerra.
La perdita delle famiglie
La scarsità di risorse e le ferite devastanti non sono l’unico aspetto della tragedia vissuta dai pazienti. Molti di loro, dopo aver affrontato operazioni rischiose, si risvegliano nell’ospedale senza sapere cosa sia accaduto alle loro famiglie. “Chi è sopravvissuto si è spesso svegliato scoprendo che le sue famiglie erano scomparse”, ha aggiunto il chirurgo, rendendo evidente come la sofferenza fisica si accompagni a una dolorosa perdita emotiva.
Questo aspetto rappresenta un filtro attraverso il quale comprendere la guerra non solo come un conflitto armato, ma come una crisi umanitaria profonda. La divisione tra chi ha fatto proclami di sostegno e chi vive la realtà sul campo è visibile, evidenziando una realtà in cui i programmi di assistenza internazionale faticano a rispondere ai bisogni immediati.
Inoltre, la condizione di ciascun paziente è, in molti casi, amplificata dalla mancanza di supporto psicologico, necessario per affrontare il trauma della perdita e della violenza. La testimonianza di Sidhwa rappresenta un grido d’allerta per la comunità internazionale, affinché non venga dimenticata la situazione di Gaza e vengano adottati misure concrete per migliorare le condizioni di vita e salute della popolazione.