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Riforma della disabilità: le criticità emerse nella fase sperimentale

Michele Pagliaro, presidente dell’Inca, critica la nuova riforma della disabilità per le lunghe attese e le difficoltà burocratiche, chiedendo modifiche per garantire un accesso più efficace ai diritti.

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Michele Pagliaro, presidente dell’Inca, il patronato della Cgil, ha espresso forti preoccupazioni riguardo alla nuova riforma della disabilità, entrata in fase sperimentale il 1° gennaio 2025 in nove province italiane. Questa iniziativa è stata introdotta dalla legge n. 227 del 2021 e dal decreto legislativo n. 62 del 2024, ma secondo Pagliaro non sta rispondendo alle esigenze reali dei cittadini. L’analisi dei problemi legati a questa riforma, dalla sua implementazione alle reali condizioni di disabilità, ha messo in luce molte criticità che devono essere approfondite.

Fase sperimentale delle nuove procedure di valutazione

Attualmente, la riforma è in fase di sperimentazione in province come Brescia, Catanzaro, Firenze, Forlì-Cesena, Frosinone, Perugia, Salerno, Sassari e Trieste. Fino ad ora, il riconoscimento della disabilità avveniva tramite una serie di visite mediche da parte di commissioni, spesso coordinate dall’Inps. Queste valutavano la gravità della condizione per stabilire il diritto a prestazioni economiche come pensioni di invalidità civile e indennità di accompagnamento. La nuova riforma propone una semplificazione di questa procedura, sostituendo le visite separate con una Valutazione di base effettuata in un’unica occasione, un passaggio teoricamente più snello per i richiedenti.

Tuttavia, nonostante queste premesse, Pagliaro denuncia che ciò che doveva essere una semplificazione sta invece creando problemi significativi. Le attese per le visite e la valutazione risultano più lunghe del previsto e i pazienti più vulnerabili rischiano di subire ritardi nell’accesso ai diritti. Questo scenario solleva dubbi sull’effettivo miglioramento previsto dalla riforma.

Coinvolgimento dell’Inps e problematiche emergenti

Il ruolo dell’Inca, in collaborazione con l’Inps, è cruciale nel monitorare la sperimentazione. Il presidente Pagliaro ha dichiarato che l’Inca funge da punto di riferimento per molte persone con disabilità, eppure l’apparente semplificazione proposta dalla riforma sta risultando inefficace. Le difficoltà amministrative e organizzative, alimentate dalla mancanza di regolamenti attuativi, fanno emergere un sistema farraginoso e costoso per chi richiede una valutazione.

In questo frangente, l’Inps si trova ad affrontare una situazione di incertezza normativa, necessitando di infrastrutture adeguate e personale specializzato. Il gap tra la percezione di una riforma efficiente e la realtà operativa sottolinea come le risorse non siano sufficienti per affrontare l’aumento delle richieste di valutazione, ormai in calo rispetto all’anno precedente.

Criticità nella raccolta dei dati socio-economici

Un’altra criticità riscontrata riguarda la raccolta di dati socio-economici, essenziali per il corretto processamento delle pratiche di valutazione. Dei 36 mila certificati arrivati nelle province coinvolte, soltanto 12 mila sono completi di dati socio-economici. Questa mancanza implica un rallentamento delle pratiche e porta a ritardi, accentuando le difficoltà per gli aventi diritto di accedere alle prestazioni a cui hanno diritto.

Particolarmente significativo è il dato che mostra come il 90% dei richiedenti si sia comunque rivolto a un patronato per la raccolta dei dati necessari, nonostante questi istituti siano stati esclusi dal reinsediamento della riforma. Le difficoltà riscontrate dai cittadini, che portano a richieste incomplete senza un’assistenza professionale, confermano l’esigenza di un intervento correttivo da parte delle autorità competenti.

Richieste di modifica e futuro della riforma

L’Inca ha già avviato un dialogo con la ministra per le Disabilità, Alessandra Locatelli, in merito alla necessità di apportare modifiche alla riforma. Pagliaro sostiene che il certificato medico introduttivo, che dovrebbe avviare il procedimento, ha causato una confusione amministrativa che ostacola l’accesso ai diritti.

Per il futuro, l’associazione chiede di riattribuire agli Enti di Patronato il ruolo di protezione e supporto, considerato fondamentale per garantire una presa in carico efficace delle persone con disabilità. La modifica della norma è vitale per riammettere il patronato nella filiera assistenziale e mirare a un sistema più inclusivo e meno burocratico, che risponda concretamente alle necessità dei cittadini.