Il lungo cammino della spending review in Italia: riflessioni e sfide di Carlo Cottarelli
Carlo Cottarelli analizza le sfide della spesa pubblica in Italia, evidenziando le difficoltà nella razionalizzazione dei conti e l’inefficienza strutturale che ostacola riforme significative.

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Carlo Cottarelli, economista di rilievo e ex Commissario alla spending review, offre uno spaccato interessante sul tema della spesa pubblica in Italia, con un focus sulle difficoltà e i tentativi di razionalizzazione dei conti pubblici. In questo articolo, esploreremo le sfide affrontate da Cottarelli e dai suoi successori nel cercare di ridurre un’eccessiva pressione fiscale e il peso della spesa pubblica. Un percorso segnato da promesse ambiziose e risultati modesti.
Gli obiettivi della spending review
Nel 2013, Carlo Cottarelli è stato nominato Commissario alla spending review da Enrico Letta, con il compito di alleggerire il bilancio italiano. Cottarelli ha chiarito fin da subito che il suo obiettivo non era paragonabile alle promesse faraoniche di altre figure, come Elon Musk, ma piuttosto un piano mirato a risparmiare circa 32 miliardi di euro, equivalenti a due punti di Pil dell’epoca. Tali risparmi avrebbero permesso di migliorare la sostenibilità delle finanze pubbliche e ridurre il deficit.
La strategia iniziale prevedeva la centralizzazione delle spese, ma la caduta del governo Letta non consentì l’attuazione completa di queste misure. Cottarelli, pur affrontando un contesto politico instabile, si è trovato a proseguire il lavoro anche sotto la guida di Matteo Renzi. Sebbene alcune delle sue proposte venissero accolte, molte venivano comunque ridimensionate o modificate nel corso dell’implementazione. Nonostante tutto, un risparmio annuale di circa 1,6 miliardi è stato registrato grazie alla riforma, un risultato significativo, seppur parziale, data la complessità del sistema delle spese pubbliche.
Le sfide delle partecipate locali
Tra i capitoli critici, Cottarelli ha affrontato la questione delle aziende partecipate a livello locale. Inizialmente, il piano prevedeva una riduzione delle 7700 partecipate esistenti, ma il risultato finale è stato modesto: il numero di enti è calato a 6600. Molte delle strutture eliminate erano già in difficoltà, ma le resistenze politiche hanno reso difficile l’attuazione di cambiamenti più radicali.
La difesa del proprio potere da parte di alcune istituzioni ha ostacolato il progresso della spending review. Le partecipate erano spesso ancorate a logiche di potere locale, difficile da scardinare. Per Cottarelli, era essenziale eliminare quel “sistema di potere” difficile da affrontare, non solo per il peso economico ma anche per le interconnessioni politiche che lo sostenevano. La centralizzazione delle spese e la razionalizzazione delle risorse si sono quindi scontrate con una realtà politica che preferiva mantenere l’autonomia e il controllo su tali entità.
Interventi sui trasferimenti e l’inefficienza strutturale
Oltre alla razionalizzazione delle spese pubbliche e delle partecipate, Cottarelli ha inteso intervenire anche sui benefici economici che lo Stato distribuisce attraverso trasferimenti, come le pensioni. Purtroppo, nessun governo ha mai mostrato l’intenzione di affrontare questa questione delicata, consapevole del rischio di perdere il consenso elettorale. A pesare su qualsiasi decisione era la consapevolezza che proporre tagli alle pensioni o ai sistemi di welfare sarebbe stata una mossa impopolare.
Cottarelli ha puntato sull’efficientamento della macchina statale, basando i suoi piani sulla riorganizzazione delle forze di polizia e sulla razionalizzazione di funzioni statali affidate a privati. Tuttavia, anche questa strategia ha dovuto fare i conti con la resistenza e ha visto pochi progressi significativi. Le inefficienze strutturali del sistema hanno bloccato le riforme tanto auspicate. La mancanza di una direzione chiara e di un vero mandato politico ha reso difficile qualsiasi tentativo di ridurre i costi per aumentare i ricavi fiscali.
Il bilancio attuale e prospettive future
Oggi, la spesa pubblica italiana si attesta al 50,8% del Pil, un livello superiore rispetto a quello del 2014. La pressione fiscale è al 42,6%, quasi ai livelli massimi raggiunti con governi precedenti. La situazione sembra persistere nonostante diversi tentativi di riforma. I tagli lineari apportano benefici solo marginali e non sufficienti per un vero cambiamento.
Dopo un anno di mandato, Cottarelli ha visto il suo lavoro continuato da altri commissari, ma anche loro hanno incontrato barriere simili. Nonostante tutti gli sforzi per una seria revisione delle spese, l’estrazione delle risorse dalla macchina statale è rimasta impraticabile. Le sfide della spesa pubblica rimangono aperte, e senza un mandato forte da parte degli elettori, il futuro delle finanze italiane appare complesso.
L’esperienza di Carlo Cottarelli mette in luce insidie e opportunità nel difficile panorama della gestione economica italiana, sottolineando quanto sia cruciale un approccio pragmatico e mirato per affrontare le questioni ospitate nei conti pubblici.