Espulsioni e irregolarità: il caso di A.A., il giovane algerino rimpatriato senza tutela legale
Il caso di A.A., un giovane algerino, evidenzia gravi irregolarità nelle procedure di rimpatrio in Italia e solleva preoccupazioni sui diritti umani nei centri di detenzione.

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Il panorama dell’immigrazione in Italia è segnato da episodi che sollevano forti interrogativi sulle procedure di rimpatrio e tutela dei diritti umani. Un caso emblematico è quello di A.A., un 23enne algerino che ha affrontato una serie di irregolarità nel suo trasferimento, dal Centro di Permanenza per il Rimpatrio di Macomer, in Sardegna, a quello di Gjader, in Albania. Questo episodio ha sollevato l’allerta dell’avvocato Gennaro Santoro e dei parlamentari del Partito Democratico, che hanno avviato azioni legali per ristabilire gli stessi diritti di A.A.
le irregolarità nel procedimento di rimpatrio
Il caso di A.A. si è sviluppato in un contesto di grande complessità, mettendo in evidenza le mancanze nella normativa vigente. Appena il 9 maggio, il giovane è stato trasferito, senza alcun preavviso, dal CPR di Macomer al centro di Gjader. Qui, ha immediatamente manifestato difficoltà di adattamento, aggravate dai suoi problemi psichiatrici già noti. Nonostante i segnali evidenti di vulnerabilità, A.A. è stato collocato in un’istituzione che non era in grado di fornire il supporto necessario. Inoltre, non è stata rispettata la normativa dell’USMAF, che imponeva un certificato di idoneità sanitaria rilasciato nelle 72 ore precedenti il trasferimento, documento fondamentale per garantire il rispetto dei diritti delle persone vulnerabili. Questo certificato datato 8 gennaio 2025, non avrebbe dovuto permettere il trasferimento.
Le parlamentari del PD hanno evidenziato la situazione sia nella loro interrogazione al ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, sia in quella al ministro della Salute, Orazio Schillaci. L’impossibilità di A.A. di rimanere in un centro di rimpatrio, data la sua storia di disturbi mentali, avrebbe dovuto comportare la sua immediata collocazione in un centro adeguato. Al contrario, la somministrazione di cure e supporto psicologico è rimasta insufficiente fino a quando era già troppo tardi.
mancanze nella tutela dei diritti umani
Durante la sua permanenza nel centro di Gjader, A.A. ha segnalato di aver chiesto, senza successo, protezione internazionale. La sua richiesta è stata ignorata dal personale di Polizia, aggravando ulteriormente la sua situazione di vulnerabilità. Il primo incontro con il suo legale è avvenuto solo dieci giorni dopo il trasferimento, momento in cui aveva già manifestato segni di proteste autolesionistiche. In un evento particolarmente preoccupante, ha ingerito dei vetri, con l’atto documentato nel registro critica del centro. Tale episodio ha evidenziato l’assoluta mancanza di attenzione verso il benessere psicofisico dei trattenuti.
Il mistero dell’espulsione di A.A. diventa ancora più inquietante con l’assenza di comunicazioni tempestive e chiare riguardo al suo stato legale. Santoro, il suo legale, ha atteso diversi giorni prima di ricevere notizie sul risultato della visita di idoneità richiesta, una visita che, alla luce delle condizioni di A.A., avrebbe dovuto avvenire con urgenza. Questo ritardo nelle comunicazioni ha portato all’espulsione effettiva del giovane in Algeria, una scelta che è stata compiuta senza considerare il rischio di incarcerazione nel suo paese d’origine.
la risposta delle autorità e le prospettive legali
Di fronte a quest’illuminante vicenda, Gennaro Santoro ha annunciato l’intenzione di presentare un ricorso legale, sottolineando l’importanza di affrontare le irregolarità nelle procedure di rimpatrio e chiedendo un risarcimento per i danni subiti da A.A. Questa azione si inserisce in un contesto di crescente attenzione alle problematiche legate ai diritti umani nei centri di rimpatrio italiani e albanesi. Le parlamentari del PD hanno altresì richiesto chiarimenti sui protocolli attuati e sull’efficacia delle misure di tutela per gli individui con vulnerabilità evidenti.
Il modello di gestione dei CPR in Albania, portato alla ribalta dal governo italiano, è ora sotto scrutinio. Le dichiarazioni del ministro Piantedosi, che ha indicato un numero ridotto di persone in attesa di rimpatrio, non sembrano riflettere la complessità e le problematicità emerse dalle testimonianze delle persone coinvolte. La richiesta di adottare misure per garantire la salute e il benessere psichico dei trasferiti è ora diventata cruciale, non solo per il futuro di A.A. ma per tutti coloro che si trovano in situazioni simili.
Le prossime mosse legali di Santoro rappresentano un passo significativo per cercare di rimediare a una situazione che ha sollevato non poche preoccupazioni tra esperti e attivisti. La svolta legale potrebbe aprire la strada a un riscontro più ampio, potenzialmente in grado di rivedere e ristrutturare le pratiche attuate nei centri di rimpatrio, ripristinando la necessaria umanità nel trattamento di chi ha già dovuto affrontare enormi difficoltà.