Home L’amministrazione Trump riapre il dibattito sull’estrazione energetica in Alaska, tra paesaggi incontaminati e conflitti culturali

L’amministrazione Trump riapre il dibattito sull’estrazione energetica in Alaska, tra paesaggi incontaminati e conflitti culturali

La revoca delle protezioni federali in Alaska da parte dell’amministrazione Trump riaccende il dibattito su estrazioni di petrolio e gas, sollevando preoccupazioni per l’ambiente e le comunità locali.

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L'amministrazione Trump riapre il dibattito sull'estrazione energetica in Alaska, tra paesaggi incontaminati e conflitti culturali - Movitaliasovrana.it

La recente decisione dell’amministrazione Trump di revocare le protezioni federali su vasti territori dell’Alaska ha sollevato un fervente dibattito sulle possibili attività di estrazione di petrolio, gas e minerali in aree tra le più delicate e remote del Paese. Questa mossa, parte di una politica energetica più ampia, rappresenta un ritorno alle ambizioni di sfruttamento economico in territori che, per decenni, sono stati tutelati per il loro valore ambientale e culturale.

La questione delle protezioni in Alaska

Le nuove direttive annunciate dal segretario degli Interni, Doug Burgum, puntano a favorire le attività estrattive nella National Petroleum Reserve-Alaska , un’area di circa 23 milioni di acri che si estende tra il Mare di Chukchi e il Mare di Beaufort, a nord di Anchorage. Questo territorio, storicamente utilizzato come fonte strategica di combustibili per la Marina, ha visto nel corso degli anni un susseguirsi di progetti e tentativi di sfruttamento. Già nel 1976, il Congresso aveva autorizzato lo sfruttamento commerciale di queste terre, cercando di bilanciare le esigenze industriali con le necessità di conservazione ambientale.

Il colpo di scena iniziato con l’amministrazione Trump segue un tentativo precedente, avvenuto nel 2020, di avviare le trivellazioni nell’Arctic National Wildlife Refuge, progetto bloccato a causa dell’assenza di offerte interessanti durante l’asta per le concessioni petrolifere. La recente decisione si inserisce sotto l’egida dello slogan “Drill, Baby, Drill”, simbolo di una strategia energetica che pone minor enfasi sui limiti ambientali, abbracciando invece un’aggressiva espansione nelle attività di estrazione.

Le posizioni in campo e impatti culturali

La scelta di abbattere le protezioni giunge nel momento in cui le tensioni tra esigenze economiche e sostenibilità ambientale si intensificano, specie nelle comunità native dell’Alaska. Rosemary Ahtuangaruak, ex sindaca di Nuiqsut, ha espresso vivace preoccupazione per il futuro della propria comunità, il cui stile di vita ottimizzato per la caccia e la pesca potrebbe subire significative conseguenze da tali decisioni. Le popolazioni locali, come i Iñupiat, vedono in queste scelte non solo un rischio per la loro sussistenza immediata, ma anche per la loro eredità culturale e identitaria.

Il cambiamento climatico, che provoca un riscaldamento tre volte superiore alla media globale in Alaska, minaccia ulteriormente la salute degli ecosistemi locali. Dallo scioglimento del permafrost ai cambiamenti nei modelli migratori degli animali, si pone la questione di come le attività estrattive possano aggravare una già delicata situazione. Matt Jackson, esperto della Wilderness Society, definisce la mossa di Trump come una “follia climatica”, evidenziando come le decisioni politiche possano ignorare le realtà ecologiche delle comunità alaskiane.

Nuove direzioni e la controparte dell’amministrazione Biden

Anche se il governo Biden ha imposto un divieto quasi totale di estrazioni nella NPR-A nel 2023, nel tentativo di preservare oltre la metà dell’area da attività industriali, le attuali scelte dell’amministrazione Trump rappresentano un cambiamento significativo nel panorama della politica energetica degli Stati Uniti. Le azioni recenti, annunciate dal segretario in visita ad Anchorage, includono la promozione di ulteriori esplorazioni nella NPR-A e nell’ANWR, con l’obiettivo di costruire infrastrutture come il gasdotto di gas naturale liquefatto, destinate a sostenere le necessità energetiche del Paese.

Il dialogo tra governo e comunità indigenous si fa sempre più complesso, con figure come Nagruk Harcharek, presidente del Voice of the Arctic Iñupiat, che vedono il coinvolgimento del governo come un passo per stabilire un rapporto di collaborazione piuttosto che una mera formalità. Tuttavia, il divario tra coloro che vedono nello sfruttamento dell’energia una via verso l’autonomia economica e quelli che avvertono un’imposizione di decisioni senza un adeguato processo consultivo rimane profondo.

Le scelte governative attuali, basate su logiche di sfruttamento economico, si scontrano chiaramente con le esigenze di una comunità che da generazioni vive in simbiosi con la propria terra. La questione di come bilanciare le opportunità economiche con la protezione dei territori incontaminati resta aperta e di cruciale importanza per il futuro dell’Alaska.