Ungheria: la Corte Ue contro la legge che limita i diritti LGBTQ+ e il divieto del Pride a Budapest
L’Ungheria affronta critiche internazionali per le sue leggi restrittive sui diritti LGBTQ+, mentre il Pride di Budapest è vietato, suscitando proteste e azioni legali da parte della comunità.

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L’attuale contesto legale in Ungheria rispetto ai diritti delle persone LGBTQ+ è di grande preoccupazione. Negli ultimi mesi, il governo ungherese ha introdotto norme via via sempre più restrittive, giustificate come misure di protezione per i minori. Tuttavia, questa posizione è stata messa in discussione dalla giurisdizione europea. L’avvocata generale della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Tamara Capeta, ha espresso un parere critico riguardo alla legislazione ungherese, sottolineando la violazione dei principi dell’Unione Europea. Questo articolo esplora il parere di Capeta e la situazione del Pride a Budapest, dove la polizia ha emesso divieti in nome di una legge controversa.
il parere dell’avvocata generale sulla legge ungherese
Tamara Capeta ha chiarito, attraverso un parere non vincolante, che la legge ungherese limita l’accesso a contenuti LGBTQ+, sostenendo che queste misure violano le norme europee. La legislazione, introdotta nel 2021, proibisce la rappresentazione di identità di genere diverse da quelle assegnate alla nascita e delle pratiche omosessuali, presentando una visione distorta dei diritti e abbassando il valore delle esperienze LGBTQ+ rispetto a quelle eterosessuali. Secondo Capeta, l’applicazione di tali leggi in Ungheria ha creato una significativa deviazione dai principi democratici stabiliti dall’articolo 2 del Trattato sull’Unione Europea.
In particolare, il parere mette in evidenza il fatto che Budapest abbia ignorato modalità di protezione dei diritti fondati sull’uguaglianza. Le azioni ungheresi non dimostrano alcun rischio tangibile per il sano sviluppo dei minori rispetto ai contenuti LGBTQ+, e si tratta più di un pregiudizio culturale che di una base legale concreta. L’avvocata generale ha richiesto che la Corte di Giustizia prenda posizione rispetto a questa violazione, evidenziando il livello di ingerenza nei diritti fondamentali della comunità LGBTQ+ e richiamando altre istituzioni della UE affinché facciano sentire la loro voce su questa problematica.
il divieto del pride a budapest e le reazioni della comunità
A fronte della normativa restrittiva, il Pride di Budapest, programmato per il 28 giugno, è stato vietato dalle autorità locali che, richiamandosi alla legge, sostengono che rappresenti un rischio per i bambini. Tuttavia, i promotori dell’evento hanno dichiarato che intendono procedere con la manifestazione, sfidando l’ordine della polizia. Questa situazione ha sollevato forti proteste contro il governo ungherese, non solo sul piano nazionale ma anche a livello internazionale.
La comunità LGBTQ+ ungherese ha avviato una serie di azioni legali, attivandosi presso la Corte Suprema, la quale ha in passato frequentemente autorizzato manifestazioni che erano state precedentemente vietate. La determinazione dei promotori del Pride dimostra come, nonostante i divieti, ci sia un forte desiderio di rivendicare visibilità e diritti in un contesto opprimente. Le reazioni delle forze dell’ordine e delle autorità sembrano alimentare una tensione costante tra la richiesta di diritti e la repressione governativa.
la risposta internazionale e le implicazioni per il governo ungherese
L’atteggiamento dell’Ungheria è stato oggetto di critiche anche da parte di vari paesi europei. Recentemente, il Consiglio Affari Generali dell’Unione Europea ha visto un gruppo di 17 stati membri esprimere pubblicamente la propria disapprovazione nei confronti del governo di Viktor Orbán per la repressione dei diritti LGBTQ+. Tuttavia, l’Italia non si è unita a questo appello, riducendo l’importanza dell’unità europea su questo fronte specifico.
La richiesta dell’Unione Europea di far cessare le violazioni dei diritti compiute dall’Ungheria è chiara. Tuttavia, il governo di Orbán sembra rimanere insensibile alla pressione integrativa. La Corte di Giustizia Europea si pronuncerà sulla questione nella seconda metà dell’anno, e l’attesa per questa decisione è palpabile. Se la Corte stabilirà che ci sono state effettive violazioni, ciò potrebbe condurre a sanzioni significative per l’Ungheria, spingendo il governo a una riconsiderazione delle sue politiche.
La situazione attuale rappresenta un momento cruciale per i diritti umani in Europa. Mentre la comunità LGBTQ+ continua a lottare contro la stigmatizzazione e la repressione, le istituzioni europee dovranno affrontare la sfida di garantire che i diritti fondamentali siano rispettati anche nei paesi membri.