Macron propone il divieto dei social per i minori: la tecnologia non è il problema
Il dibattito sulla sicurezza dei minori in Francia si intensifica, con proposte di divieti sui social media. Esperti avvertono: è necessaria un’educazione consapevole piuttosto che semplici restrizioni.

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L’attuale dibattito sulla sicurezza dei minori nel mondo digitale è diventato un tema centrale in Francia, soprattutto dopo l’incidente che ha coinvolto l’accoltellamento di una bidella. Il presidente Emmanuel Macron sta considerando di vietare l’accesso ai social media per i ragazzi sotto i 15 anni. Tuttavia, esperti come lo psicologo Giuseppe Lavenia avvertono che questa proposta, sebbene d’impatto, non risolve le problematiche più profonde legate all’uso dei dispositivi digitali tra i giovani. Bisogna spostare l’attenzione dall’imposizione di divieti alla necessità di un’educazione più consapevole.
L’emergenza sociale e il ruolo dei divieti
Dopo eventi drammatici come quello recente, il governo tende a reagire in modo impulsivo, attuando misure di divieto nella speranza di contenere situazioni problematiche. Tuttavia, come sottolinea Lavenia, queste azioni mancano di una riflessione fondamentale: perché i giovani stanno attraversando un periodo così difficile? La realtà è che il problema dell’accesso ai social media non può essere risolto semplicemente imponendo restrizioni. Il fatto che piattaforme come Facebook, Instagram e TikTok abbiano già fissato limiti di età a 13 anni, e YouTube a 16, dimostra che la questione è più complessa di quanto non sembri.
Molti ragazzi riescono a superare queste limitazioni in un attimo. Divieti puramente legislativi possono sembrare una soluzione semplice, ma non affrontano i problemi profondi associati alla vita digitale dei minori. Dobbiamo interrogarci su cosa spinge i genitori a concedere uno smartphone ai loro figli così presto, senza chiarire i rischi e senza un dialogo aperto. La richiesta di più regole e divieti potrebbe distogliere l’attenzione da una necessità fondamentale: la formazione e l’educazione.
La solitudine educativa nell’era digitale
Una delle principali problematiche sottolineate da Lavenia è la cosiddetta “solitudine educativa“. Questo fenomeno si verifica quando i genitori, invece di accompagnare e insegnare, lasciano i propri figli da soli davanti a uno schermo. È fondamentale interrogarsi sul motivo per cui un genitore consegna un dispositivo senza spiegare il suo uso, senza stabilire contenuti da condividere e senza capire cosa stia cercando il ragazzo in quello schermo. Questo porta a una netta mancanza di dialogo e supporto, cruciali nello sviluppo di una sana relazione con la tecnologia.
Per affrontare questa solitudine, Lavenia propone un’idea innovativa: rendere il “Patentino digitale” obbligatorio al momento della compra del primo smartphone. Questo permesso non sarebbe solo per i giovani, ma anche per i genitori, affinché imparino ad orientarsi nel mondo digitale. L’istruzione dovrebbe mirare a far comprendere non solo come utilizzare un telefono, ma anche come viverci senza perdere il senso della realtà.
La necessità di educazione e consapevolezza
L’idea che il digitale possa essere un alleato e non un nemico è centrale nella riflessione di Lavenia. La tecnologia, se utilizzata in modo consapevole e responsabile, ha il potenziale di migliorare la vita dei ragazzi. Tuttavia, senza una guida adeguata, l’impatto può risultare negativo. I giovani non possono essere lasciati a disimparare negli spazi virtuali; hanno bisogno di adulti che li accompagnino nel loro percorso di crescita.
L’educazione emotiva riveste un ruolo cruciale; i giovani devono essere sensibilizzati su come costruire relazioni sane anche nel mondo online. La comunicazione aperta tra genitori e figli è fondamentale, affinché i ragazzi possano comprendere i rischi e le responsabilità legate all’uso della tecnologia. Non si tratta solo di apprendere competenze digitali, ma di coltivare una cultura di responsabilità e rispetto nel mondo virtuale, che si traduca in un miglioramento delle relazioni interpersonali.