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Le voci della frontiera: l’appello di Ventimiglia per accoglienza e giustizia

A Ventimiglia, un evento interreligioso ha richiamato l’attenzione sulla giustizia e l’accoglienza dei migranti, commemorando le vittime e chiedendo un’apertura dei confini in nome dell’umanità.

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Le voci della frontiera: l'appello di Ventimiglia per accoglienza e giustizia - Movitaliasovrana.it

Il richiamo alla giustizia e all’umanità risuona forte in una delle zone più delicate d’Europa. A Ventimiglia, dove tanti destini si incrociano e dove la morte e la speranza camminano di pari passo, un evento interreligioso ha richiamato l’attenzione su un tema drammaticamente attuale: l’accoglienza dei migranti. In occasione del decennale dalla sospensione del trattato di Schengen da parte della Francia, il vescovo della diocesi di Ventimiglia-Sanremo, Antonio Suetta, ha guidato un’iniziativa di preghiera e denuncia, al fine di mantenere viva la memoria delle vittime.

Riconoscere il dolore e costruire ponti di umanità

Durante la cerimonia, che si è svolta a piazzale San Ludovico, Suetta ha espresso parole che scuotono le coscienze: “Non è solo un monito legato a un fatto passato, ma di tragica attualità.” La frustrazione e il dolore per le vite spezzate si sono fatti sentire nel richiamo all’umanità da parte di Suetta, che ha esortato a non lasciare nessuno estraneo sulla terra. Le richieste di giustizia e accoglienza sono state espressamente formulate, creando un’atmosfera di raccoglimento e riflessione. Il memoriale dedicato alle vittime, fortemente voluto dalle attiviste e dai solidali, è divenuto il simbolo di una lotta per la dignità e il rispetto della vita umana. Maurizio Marmo, responsabile della Caritas Ventimiglia-Sanremo, ha sottolineato l’importanza di questo spazio, considerato un mausoleo fondamentale per la memoria collettiva, challenging le decisioni dell’amministrazione locale che vogliono smantellarlo.

Le vite, le storie e il simbolo della memoria

L’evento ha visto anche la lettura solenne dei nomi delle 49 persone che hanno perso la vita dal giugno 2015, un elenco che rappresenta volti, storie, e situazioni drammatiche. Quella lista non è un semplice dato statistico, ma una testimonianza di vite spezzate in un contesto di abbandono e difficoltà. Come ha affermato Jonathan Terino, pastore valdese di Sanremo, “Commemoriamo la carne della nostra carne.” Cambiare il percorso di queste storie è il desiderio non solo di chi ha partecipato al rito collettivo, ma anche di tutti coloro che ritengono fondamentale un approccio solidale alla questione migratoria. Questo appuntamento ha rappresentato un atto di coraggio e di unione tra fedi e culture diverse, unite dall’impegno verso la giustizia e la dignità umana.

L’impegno delle comunità religiose e il grido di aiuto

Le voci unite di diversi rappresentanti religiosi hanno ulteriormente arricchito la cerimonia, portando in primo piano una richiesta di apertura dei confini. L’imam Elkhabti Mbarak, il padre Claudiu Mihai della Chiesa ortodossa romena, Abu Bakr Moretta della Coreis, e Taki Hassan del Centro islamico di Ventimiglia hanno allineato i loro messaggi, presentando alle autorità francesi la richiesta di un cambiamento. “Siamo qui anche per fare passare alle istituzioni francesi il messaggio dell’importanza di aprire la frontiera,” ha affermato Hassan, visibilmente determinato. Davanti alla polizia di frontiera, che tradizionalmente si schiera a ponte San Ludovico per i controlli, l’appello per l’accoglienza ha avuto il suo forte contraltare. Le storie di persone migrate che affrontano rischi inenarrabili vengono ricordate con un’intensità che sfida le istituzioni a riflettere sull’impatto delle proprie scelte.

Il messaggio contro le violenze del confine

Le efficaci parole delle associazioni partecipanti hanno messo in evidenza come la violenza al confine non si limiti solo ai respingimenti o ai controlli. Essa permea la vita quotidiana delle persone vulnerabili, minando i diritti fondamentali. Le storie come quelle di Milet Tesfamarian, una giovane di 16 anni uccisa da un camion nel 2016, e Moussa Balde, vittima di abusi a Ventimiglia, attestano un dramma che coinvolge intere comunità. Queste narrazioni diventano simboli inconfutabili di come una frontiera non solo può interrompere sogni e aspirazioni, ma può anche annullare la dignità umana. Mentre l’Europa si profila con politiche sempre più rigide, da Ventimiglia emerge la richiesta di memoria e responsabilità. L’incontro è stato un invito a non dimenticare chi ha pagato il prezzo di una realtà politica e sociale in continua evoluzione, né il motivo di queste tragiche esistenze.