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L’ex corrispondente Rai da Mosca racconta il suo allontanamento e il silenziamento nei media

Marc Innaro, ex corrispondente Rai a Mosca, denuncia la crescente limitazione della libertà di informazione e l’influenza di direttive esterne nel giornalismo contemporaneo, evidenziando un problema sistemico.

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L'ex corrispondente Rai da Mosca racconta il suo allontanamento e il silenziamento nei media - Movitaliasovrana.it

Marc Innaro, ex corrispondente della Rai a Mosca fino al 2022, ha recentemente condiviso la sua esperienza di cancellazione dai media in un’intervista che ha suscitato molto interesse. Durante la conversazione, trasmessa il 10 giugno su Byoblu, ha parlato della sua difficile uscita dalla Rai e ha messo in luce un sistema che, secondo lui, limita la libertà di informazione. Il racconto di Innaro offre uno spaccato significativo delle dinamiche che governano il giornalismo in tempi di crisi geopolitica.

La partenza da Mosca: una storia di silenzi e mancanze

Incaricato di raccontare la Russia per la Rai, Innaro ha affermato di essere stato lentamente emarginato e di non essere più utilizzato. In particolare ha dichiarato: “Io non ce l’ho fatta più”, lamentandosi di un sistema che non gli permetteva di svolgere il suo lavoro. Sentendosi poco valorizzato e quasi un peso per l’azienda, ha chiesto di essere trasferito in un’altra sede, approdando infine al Cairo. Da qui ha potuto osservare da vicino un altro scenario complesso, quello del mondo arabo, e ha ritenuto fosse suo dovere trasmettere le opinioni locali sulla reazione israeliana dopo il 7 ottobre.

Nel rivelare dettagli della sua esperienza, Innaro ha descritto il profondo cambiamento che ha notato all’interno dell’azienda Rai rispetto ai suoi inizi 35 anni fa. Un tempo era sicuro di avere la libertà di raccontare la verità, cosa che ora considera fortemente limitata. La sua esperienza al Cairo gli ha rivelato ulteriori difficoltà, poiché dopo aver sollevato questioni delicate, è stato nuovamente silenziato.

Il giornalismo sotto attacco: una narrazione manipolata?

Innaro non si è limitato a raccontare la sua storia personale, ma ha allargato la discussione a un fenomeno che sembra coinvolgere non solo la Rai, ma anche altre emittenti europee. Con grande preoccupazione, ha affermato di avere l’impressione che esista una “regia” dietro la gestione delle notizie, indicando l’esistenza di direzioni centralizzate che controllano il flusso di informazioni. A suo avviso, gli ordini non partono dalle redazioni, ma da entità più elevate, creando una narrazione uniforme e spesso distorta degli eventi.

L’ex corrispondente ha illustrato esempi di contraddizioni nei racconti dei media, come le affermazioni sui russi che combattono con mezzi inadeguati, mentre nello stesso tempo vengono lanciati allarmi su possibili attacchi a luoghi lontani come Lisbona. Qualcosa non torna, spiega, considerando anche che la Russia possiede risorse abbondanti. Queste incoerenze nella narrazione contribuiscono a un clima di confusione e sfiducia nei confronti dell’informazione mainstream.

La trasformazione del giornalismo: riflessioni sulla professione

Per Innaro, il cambiamento che ha osservato nel panorama giornalistico è allarmante. Egli riconosce che le restrizioni sulla libertà di espressione non riguardano solo un singolo giornalista, ma sembrano riflettere un problema sistemico, che affligge i mezzi di comunicazione contemporanei. La sua testimonianza punta il dito contro una professione che, a suo avviso, sta perdendo la sua integrità etica e il legame con la realtà.

La frustrazione di Innaro è palpabile quando discute il suo percorso. La convinzione che un tempo il giornalismo fosse un’importante forma di critica e di ricerca della verità è scomparsa, sostituita da una sensazione di impotenza e subordinazione. L’idea di un’informazione guidata da direttive esterne mette in discussione il principio fondamentale di indipendenza dei media, sollevando interrogativi sul futuro del giornalismo stesso.

La situazione descritta da Marc Innaro è emblematiche di evoluzioni più ampie nel panorama dell’informazione e pone interrogativi sul ruolo degli inviati speciali, le cui voci sembrano sempre più silenziate di fronte a una narrazione predefinita.