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Lotta all’evasione fiscale in Italia: risultati, sfide e promesse del governo Meloni

Il governo Meloni rivendica successi nella lotta all’evasione fiscale, ma i dati ufficiali rivelano una realtà preoccupante, con molte partite IVA che dichiarano redditi insufficienti e misure inefficaci.

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Lotta all'evasione fiscale in Italia: risultati, sfide e promesse del governo Meloni - Movitaliasovrana.it

La questione dell’evasione fiscale continua a occupare un posto centrale nel dibattito politico italiano. Giorgia Meloni, premier e leader di Fratelli d’Italia, ha di recente rivendicato successi storici nel contrasto a questo fenomeno. Al contempo, i dati ufficiali rivelano una realtà ben diversa, alimentando le polemiche sulla veridicità delle affermazioni governative. Questo articolo esplora le dichiarazioni dell’esecutivo e i dati economici, analizzando l’effettivo stato della lotta all‘evasione fiscale e le misure adottate.

L’autocelebrazione del governo

In un recente intervento agli Stati Generali dei Commercialisti, Meloni ha ricevuto una calorosa accoglienza, sottolineando l’importanza del ruolo dei professionisti nella gestione del sistema fiscale italiano. Ha esaltato i risultati ottenuti dalla gestione fiscale del governo, di cui sostiene siano i migliori mai registrati. Tuttavia, la realtà dei dati contraddice tale retorica. Il premier ha affermato che “chi vuole fare il furbo non ha spazi”, promettendo che l’onestà deve essere premiata. Ma i numeri mostrano una situazione più complessa: circa il 55% delle 2,7 milioni di partite Iva soggette agli Indici di Affidabilità Fiscale presenta dichiarazioni ritenute poco plausibili. Questa contraddizione solleva interrogativi sulla fiducia riposta nelle statistiche.

I 26,3 miliardi recuperati dall’Agenzia delle Entrate nel 2024, pur rappresentando un incremento rispetto ai 24,7 miliardi dell’anno precedente, includono anche misure straordinarie come definizioni agevolate e rottamazioni. Questi interventi, anziché essere un segno di una lotta efficace all’evasione, possono rappresentare un incentivo per i contribuenti a rimandare i pagamenti in attesa di ulteriori condoni fiscali, creando un circolo vizioso.

Dati allarmanti sull’affidabilità fiscale

Guardando ai risultati, i recenti dati sugli indici Isa di affidabilità fiscale, pubblicati il 21 maggio, rivelano una realtà preoccupante. Molti redditi dichiarati dalle partite Iva delle 175 categorie analizzate risultano insufficienti. Ristoratori che guadagnano poco più di 15mila euro all’anno, balneari e albergatori che non superano i 18mila euro, sono esempi emblematici della crisi che colpisce le piccole imprese. La situazione è così grave che alcune categorie del settore cinematografico e delle beverage mostrano addirittura redditi negativi. Questi dati mettono in discussione l’efficacia delle politiche fiscali adottate fino ad oggi e sollevano interrogativi su come sostenere realmente la fascia produttiva più vulnerabile.

Il concordato preventivo biennale, mirato a incentivare la compliance fiscale degli autonomi, ha avuto esiti deludenti. Solo 584mila attività, pari al 13% della platea potenziale, hanno aderito, con un numero esiguo di contribuenti che hanno realmente migliorato la loro classificazione fiscale. L’atteggiamento del governo, descritto da Meloni come un tentativo di “tendere la mano” a chi si sente vessato, non ha dato gli effetti sperati, alimentando ulteriormente il disincanto degli italiani nei confronti del sistema fiscale.

Le promesse di una riduzione delle tasse

Durante il suo intervento, Meloni ha ribadito l’impegno del governo a “tagliare le tasse in modo equo e sostenibile”. Dopo l’accorpamento delle prime due aliquote Irpef, volto a sostenere chi guadagna meno, l’obiettivo futuro è la riduzione per il ceto medio. Tuttavia, molte di queste promesse rimangono sulla carta e dipendono da risorse che si dimostrano inaffidabili, come il già fallimentare concordato preventivo.

La pressione fiscale, aggravata dall’inflazione e dall’assenza di adeguamenti agli scaglioni Irpef, continua a preoccupare i contribuenti. Anche se il regime della flat tax al 15% offre vantaggi a circa 1,9 milioni di partite Iva, molti lavoratori dipendenti si trovano a dover fronteggiare una tassazione più elevata per le stesse attività. Tale situazione spinge alcuni a nascondere i propri ricavi per evitare di superare la soglia del fatturato che consente l’accesso al regime favorevole, alimentando nuovamente il fenomeno dell’evasione fiscale.

Il panorama fiscale italiano si presenta intricato e la strada verso un sistema equo è ancora lunga e piena di ostacoli da superare. Scontri fra promesse e realtà mostrano che la lotta all’evasione, sebbene al centro del dibattito politico, ha bisogno di misure concrete e di un approccio ben differente da quelli finora adottati.